L’importanza del Contesto

AI (Intelligenza Artificiale), consapevolezza e contesto.

L’AI è qui per restare e in tutto sto guazzabuglio di schieramenti pro-contro resto proprio fuori, saluti e baci. Quello che io osservo invece è stupore, paura, incomprensione, entusiasmo… e vabbè.
Ora però se vi va di continuare a leggere fate mezzo passo indietro.
Avete presente il Contesto?

Ma seriamente, avete la percezione e la consapevolezza della sua importanza in ogni aspetto della nostra vita? Perché per un po’ ne abbiamo perso il senso, per fare l’esempio più eclatante qui ( o in una piattaforma social) una news e una fake sono nello stesso contesto, compromettendo la comprensione delle differenze e minando ogni conseguenza sulla nostra vita.

Spesso in FB o su Instagram, le persone non comprendono che rispondere e commentare un post personale non è la stessa cosa di farlo su una pagina giornalistica, commerciale, ecc. Un esempio evidente è nell’uso del tipo di linguaggio, quella banale indecisione che proviamo tutti nel scegliere tra “il lei” o “il tu” rivolgendoci a un contatto in chat. In questa situazione l’ambiguità è stata consapevolmente alimentata dal suo “proprietario” con il preciso intento di creare dipendenza e incapacità di comprensione dei contesti, perché il gioco a monte è chiaro: siamo mercificati e siamo manipolabili. FB vende a noi e noi.

Il gioco lo giochiamo anche noi chi più chi meno. E va bene. Ci sto. Purché, sappiamo dove stiamo scrivendo e ne siamo anche consapevoli. Perché dai, non è che potete entrare in un bordello e poi scandalizzarvi, giusto?

Bene ma non benissimo, perché è proprio quello che ha fatto tanta gente in questi anni. Disarmati, scoraggiati dalla complessità o pigri, si sono buttarsi nella rete senza chiedersi nulla di dove diavolo stavano entrando e cosa fosse la rete o la piattaforma in cui si iscrivevano. (Non eravamo nativi digitali, e il cambiamento lo stiamo pagando caro). Ma sono passati decenni e ora non sapere non è più così giustificabile.

L’importanza del contesto però non è solo questione di sapere dove siamo, è anche consapevolizzare che in una comunicazione se ti manca il contesto non capisci veramente di cosa parli, ma “presumi” non sai se chi hai davanti scherza, sta sproloquiando, se sta proponendo un prodotto, o solo tenendo un “diario” personale aperto. In più tutto è diventato più fluido e quindi, probabilmente, la persona che leggi fa tutte le cose di cui sopra alternandole. La complessità è aumentata e il contesto si dilata e comprime continuamente. Ma va bene tutto, anche se vuoi propormi la batteria di pentole e la mountain bike con cambio Shimano, il punto è che in questo contesto sta a me capire se cosa stai facendo di volta in volta perché sono consapevole del contesto in cui mi trovo.

Si parla di machine learning dagli anni ’80 e si sviluppa insieme alle AI, e si sono evoluti incredibilmente e principalmente in campo bellico e del gaming, ma era “di nicchia” perché il linguaggio macchina non era alla portata di tutti. Eravamo noi a dover imparare il loro linguaggio ma era roba da programmatori. La versione beta dell’AI di cui tutti stanno parlando in questi giorni, è più semplice del linguaggio macchina ed è qui la vera differenza, che ora potete guardare voi le “navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione”, perché tapparci gli occhi non è una caratteristica umana. Voi potete anche non entrare in un bordello ma le tette le avete viste tutti comunque dai! (e questo pare lo abbia recepito perfino Meta cercando di rivedere la sua censura patetica sui capezzoli, pensate un po’).

Se fino a qui non avete capito l’importanza di fornire un contesto per poi dare una visione (amici fotografi qui voi dovreste essere ferrati da anni!), l’AI probabilmente ve lo farà imparare a forza oppure resterete isolati ed estranei a quel che ci aspetta ma che era già qui da tempo. Questo perché l’AI non vi illude come tutti gli interlocutori umani di aver davvero capito cosa volete. Non può nemmeno essere presuntuosa! “sì, sì, ho capito cosa intendi” NO. Questa frase non esiste con uno strumento così. È per questo che “ci ruberà il lavoro!” mi fa sorridere. Cioè dai veramente non vi ho visto diventare programmatori e a stento aggiorniamo il nostro sito personale. (e se vogliamo esagerare, invece di stare su fb, potenzialmente, potevate tutti crearvi un vostro sito social con chat e commenti e spazio dove pubblicare senza censure con solo voi e i vostri amici o chi vi piace, senza nessuna pubblicità ecc… ma non è andata così: Siamo qui. Dunque il punto non è solo “potere”.)

Ricapitolando.
L’AI di cui stiamo parlando è una macchina supervisionata, ossia impara dal contesto e per avere una risposta alla vostra richiesta il contesto lo dovete fornire voi, dovete esserne in grado oppure l’AI non vi risponde, tergiversa, sbaglia, delega. Qui davvero strappa un sorriso. Potete fare dialoghi infiniti e divertirvi a cercare di ottenere cose che non può darvi e andrete avanti all’infinito, oppure potete fornirle voi il contesto, insegnarle cosa volete e poi ottenere quel che vi serve dall’AI. Questo perché “Un data scientist agisce da guida e insegna all’algoritmo i risultati da generare”, l’AI non è indipendente. Quindi se di base gli insegni un contesto errato lui il risultato te lo da errato. Solo che ora il “data scientist BETA” siete voi. [contesto: in R, X+3; cosa chiedi all’AI: con X=17 qual è la somma?] In breve impareremo a usarla nel secondo modo, è evidente.

A tal proposito vi lascio un link divertente, un post lunghissimo; è una trollata infinita di Martino Pinna a ChatGPT e nei commenti del suo blogpost troverete come Simone ha guidato l’AI per farle fare quel che voleva.

Come ha detto Zappa “Il computer non è in grado di trasmettervi il lato emozionale della questione. Può fornirvi la matematica, ma non le sopracciglia.”