L’articolo è stato pubblicato su JustBaked, per Bake Agency.
“Che lavoro fai?”
“La photo editor”
“Che?”
Questo è ciò che mi accade quasi quotidianamente. Potrei rispondere anche “Mi occupo di comunicazione” o “sono una fotografa” giacché lo sono, ma siccome mi piace riuscire a comunicare con parole semplici cose difficili, provo sistematicamente a spiegare in cosa consista il mio lavoro. Purtroppo però anche dopo molte spiegazioni mi rendo conto che dei dubbi spesso rimangono. ”Ma lavori per un giornale?” Le cose si complicano ulteriormente perché, se già la professione del photo editor è poco conosciuta, quelli che operano nel mondo della comunicazione e del marketing e non nell’informazione sono praticamente dei fantasmi. Eppure le immagini sono ovunque e, complici i nuovi media, la loro presenza nella vita quotidiana non è mai stata così preponderante come in questi ultimi anni.
L’immagine è la prima cosa in cui ci imbattiamo, siamo osservatori spesso inconsapevoli. Siamo lettori, potenziali clienti, curiosi e ciò che ci colpisce per prima è “l’immagine”, che sia un gattino su facebook, la copertina di un libro, il fermo immagine di un video, la parte descrittiva di un articolo o un cartellone per strada.
Vi siete mai chiesti “Chi ha scelto le foto per questo blog?” Con buona probabilità non ve lo siete mai chiesti. In compenso spesso vi chiederete: “Ma che brutta foto, com’è volgare, non potevano sceglierne un’altra?” Questa seconda domanda sottende la presenza di una persona che sceglie e, anche, che non è affatto semplice scegliere l’immagine “giusta”. Scegliere l’immagine è importante.
Chi sceglie le immagini quando si parla di comunicazione, aziende, blog, libri, pubblicità è il photo editor o almeno dovrebbe esserlo. Dico “dovrebbe” perché molto spesso non è affatto così. L’introduzione del “Mi piace” come apprezzamento ha lasciato intendere che per scegliere una foto basti che sia bella. Superficialità, inconsapevolezza, sottostima dei rischi e anche mancanza di budget, fanno sì che questa professionalità rimanga pressoché ignota.
Quando l’immagine è chiamata a rappresentare un’azienda, un marchio, un progetto, l’assenza di adeguata professionalità genera appiattimento del linguaggio, uso di stereotipi, incongruenze con il contesto e incoerenza con testi e slogan. Scelte che danneggiano inevitabilmente ciò che si dovrebbe valorizzare. Eppure la comunicazione, il marketing e l’informazione oggi dimostrano inequivocabilmente quanto le immagini abbiano un ruolo fondamentale, un valore emozionale, educativo ed esplicativo.
Ma cos’è un photo editor?
È una professione redazionale, nata in ambito giornalistico – editoriale. Ma non è facile darne una definizione, e non a caso questa professione nella stampa italiana non è ancora riconosciuta neanche a livello contrattuale da parte degli editori*. Del resto anche i vocabolari non sono esaurienti: “Hai cercato Photo Editor – La tua ricerca non ha però prodotto alcun risultato in Vocabolario.” (Treccani.it). Lasciate perdere anche Wikipedia, anche li si ignora chi siano i photo editor, la versione italiana non dedica alcuna pagina a questa professione, mentre fortunatamente potete trovarne una su quella inglese alla voce picture editor.
“A picture editor, sometimes known as a photo editor, is a professional who collects, reviews, and chooses photographs and/or illustrations for publication in alignment with preset guidelines. Publications include, but are not limited to, websites, books, magazines, newspapers, art galleries, museum catalogs, and corporate products, such as catalogs and annual reports. In choosing photographs and illustrations, picture editors take into account their publication’s standards, needs, and budget.”
Una definizione che può sembrare un po’ generica, ma che io considerò ottima, perché lascia spazio alle innumerevoli possibilità di declinazione di questa professionalità, una caratteristica essenziale per un photo editor, perché i luoghi fisici e virtuali in cui oggi si fa uso delle immagini – fotografiche o grafiche che siano – sono pressoché infiniti e non più solo relegati all’ambito della stampa.
Per scegliere le immagini bisogna saperle leggere
I grandi photo editor** a capo di redazioni importanti o consulenti di immagine per colossi aziendali hanno gran libertà di scelta. Ma in generale, il photo editor non sceglie una foto in quanto bella, sceglie quella che rispetta determinati parametri e spesso deve saper decidere anche a cosa rinunciare. Partendo dal target di riferimento e dal sistema di diffusione, dovrà valutare cosa sia più adatto, individuando nell’immagine scopi, stereotipi intrinsechi, capacità evocativa, considerando costi, qualità, dimensioni, posizione del soggetto, inquadrature, … e tantissime altre caratteristiche.
Questa complessità è dovuta al fatto che le immagini non sono poi così “statiche” come siamo abituati a pensare. Le immagini sono un segno fisso, ma nel concetto di segno c’è un rapporto arbitrario tra significato e significante. Tutto dipende dall’osservatore. Perché le immagini tendono a cambiare il loro significato in associazione alle parole, al “momento” in cui vengono proposte al pubblico, all’uso corrente di uno stile, e alle esperienze personali dell’osservatore. Un’immagine ha un significante definito – è sempre uguale a se stessa – ma il suo significato può cambiare sia per libera associazione di idee, sia per deliberata intenzione di chi l’ha scelta.
Il photo editor ha un ruolo fondamentale in tutto questo, e quindi una responsabilità che non è solo una capacità tecnica ma anche fortemente etica. Senza voler aprire qui una parentesi che sarebbe infinita sulla responsabilità sociale che ha scegliere un’immagine piuttosto che un’altra***, pensiamo a cosa diventerebbe un magazine se non riuscisse a suscitare il senso di identificazione, la curiosità, la comprensione, la voglia di soffermarsi a leggere.
Lasciando poi il più noto ambito editoriale ed entrando in quello della comunicazione e del marketing, e se due aziende competitor scegliessero per una campagna marketing nello stesso periodo la stessa identica foto?
Bad practice: il caso che ha fatto scuola e forse il più eclatante accaduto negli ultimi anni non è avvenuto in ambito aziendale ma risale al 2013, in occasione delle elezioni in Germania, in cui la stessa identica immagine di famiglia è stata usata per lanciare la campagna sia dei liberali che dei neonazisti. Come recitò un articolo del 5 settembre 2013 su IlFattoQuotidiano.it “Entrambi utilizzano come testimonial una famiglia di ciclisti, la stessa che peraltro compare nella réclame di un’azienda finlandese di formaggio quark. Alla base del caso c’è la comune voglia di risparmiare da parte della comunicazione dei due partiti”.
È una vicenda che si commenta da sé, tuttavia portata su piccola scala non è detto che corrisponda sempre ad un errore, ma è bene essere consapevoli che ogni aspetto va preso in seria considerazione, e affidarsi ad uno staff di professionisti in cui non può mancare un photo editor. Al contrario di quel che si può pensare, errori di valutazione non sono poco frequenti e la reputation oggi è un’aspetto fondamentale per un brand o un’azienda.
“Che lavoro fai?”
“La photo editor”
“Che?”
“Scelgo le immagini. Le immagini sono importanti.”
Immagini © Elisa Biagi
In copertina: Quotidiano, 2014
Nel testo: Geneve, 2013
L’articolo originale potete leggerlo su JustBaked QUI